Diario di un viaggio a metà

Viaggiatore: Matthias
Moto utilizzata:
Partenza:
Arrivo:
Tappe:
Regioni visitate:
Km percorsi:
Durata:

Racconto del viaggio:

Premessa:
Non ho la pretesa che venga apprezzato per la sua grammatica, non solo al tempo della scuola non ero proprio interessato ma ho anche smesso a 15 anni...
E' incominciata! Alla fine è incominciata.

E' con una sensazione strana che questa mattina mi sono svegliato, erano le quattro e mezza quando la sveglia ha berciato il suo impietoso lamento e diversamente dal solito, quando per svegliarmi servono le cannonate, sono scattato dal letto lucido e impaziente. Il destino però è stato ancora una volta beffardo e un velo di tristezza cala sull'iniziale momento d'euforia, è il momento del saluto all'unica persona che mi mancherà ogni singolo attimo, ogni momento da condividere, di gioia o di difficoltà di questo lungo viaggio, è il momento di stringere Silvia per l'ultima volta per le prossime settimane e partire perché il programma è cambiato, questa volta non potrà seguirmi.
L'unica parte del viaggio pesante è forse proprio il lungo trasferimento autostradale (anche decisamente costoso) che mi porta a prendere il traghetto verso il Marocco in Spagna, ad Almeria, nonostante cio' gli oltre 1300 km percorsi nella prima tappa sono trascorsi in un baleno, riflettendoci con il senno di poi, a Terragona in riva al mare con una birra ghiacciata in mano, forse l'ultima per qualche tempo.
Mellilla, enclave spagnola in territorio marocchino, coperti gli oltre 2000 km di noiosa e trafficata autostrada e compiuto l'attraversamento del mediterraneo su un comodo traghetto, anche se non pulito come sarebbe dovuto essere.

 
Ha più l'aspetto di un trapasso verso gli inferi, con le anime dannate oltre i cancelli, che una frontiera, ma questa è una comoda porta verso l'Europa per le centinaia d'immigrati che cercano di oltrepassare le alte e appuntite recinzioni che ricordano più un perimetro di un campo di concentramento che un posto di frontiera e non ci si può aspettare altro che gente con nulla da perdere che spera di attraversarli.
Le formalità qui non presentano particolari difficoltà e in poche ore posso incominciare il mio viaggio; Rimango stordito dalla cacofonia di suoni prodotta dalla moltitudine qui e una sensazione di leggero disagio mi chiude lo stomaco, sono piuttosto stanco e la giornata molto calda e afosa non mi aiuta affatto. Per un momento penso anche a che cosa ci sto facendo io qui... Un grosso respiro, tabula rasa nei pensieri e via, mi serve un po' di solitudine per rimettere insieme le idee e i 500 chilometri di deserto che mi separano dalla sorgente dove intendo dormire questa notte sono quello che ci vuole. Ho ancora una volta le ruote in terra africana, questa volta però a occidente, alle porte del Sahara, con tanta voglia di svolgere bene il compito che mi è stato assegnato ma consapevole che non sarà affatto semplice.
 

Mi avevano avvisato che la parte interna del Marocco, dalle brulle montagne desertiche del Nord Est alla catena montagnosa dell'Anti Atlante, in questo periodo dell'anno era molto calda e in effetti le temperature sulla strada per raggiungere la Source Bleue de Meski, passando dal piccolo Missour e dall'ordinata Ar Rachidia si sono sempre mantenute ben al di sopra dei quaranta gradi. Nonostante cio' la solitudine e il deserto ha del miracoloso sul mio stato d'animo, ridandomi la serenità per proseguire il viaggio con i giusti presupposti. Avanti tutta.

Attraversando le Gorges du Ziz, poco oltre il tunnel du Legionaire, l'unica galleria del Marocco, mi fermo per scattare una foto agli ingegnosi canali scavati dall'uomo per portare l'acqua in tutta la larghezza della depressione consentendo così una rigogliosa vegetazione anche nei periodi più secchi dell'anno quando un bambino mi avvicina, uno dei tanti bimbi che vendono frutta, datteri e uva in prevalenza, sul ciglio della strada per offrirmi la sua mercanzia dall'aria invitante, non me la sento però di rischiare, per me la malattia del viaggiatore è qualcosa di più che un fastidioso contrattempo, non ho tutti gli agi per permettermi le conseguenze derivate da leggerezze su cibi e acqua non adatti al delicato equilibrio intestinale di noi occidentali. Gli offro però un panino che mi tenuto per sicurezza e comincio a chiacchierare con il bimbo dal sorriso grande come una casa della scuola, di che classe frequenta. Mi faccio accompagnare così dal maestro della piccola scuola composta solamente da due classi e sotto una tenda in compagnia di qualche adulto, tra i quali il maestro appunto e il responsabile del piccolo centro medico donato loro da una ong americana, mi viene offerto thè bollente accompagnato da gustose ma salatissime arachidi e raccolgo così le prime informazioni sulle loro necessità; Hanno la scuola ma non hanno libri, hanno il centro medico ma non hanno nulla se non qualche garza e cerotto, mancano perfino generi indispensabili come gli antibiotici generici e le siringhe.
Il sole è ormai tramontato, sono quasi le otto e trenta quando riesco a congedarmi e devo necessariamente stringere i tempi se voglio arrivare in tempo alle sorgenti per aprire la tenda e sono ancora distante diverse decine di chilometri.

 
 

Al bordo di una piscina naturale nel mezzo di un palmeto da sogno, la luna piena ad illuminare il mio taccuino mi rilasso e mi godo questo momento di serenità e quiete ora che tutti i vocianti turisti sono andati via.
La sveglia suona, sono le sei (o almeno lo credevo), è ancora buio ma penso che tra poco sorgerà il sole e le ore migliori per viaggiare sono queste. Però una cosa mi incuriosisce, mi lascia perplesso. Sono le sei e il buio è pesto come se fosse piena notte, tutti dormono profondamente e nemmeno dopo che ho sistemato la tenda e le mie cose nemmeno un accenno del sopraggiungere dell'alba. Non capisco, devo anche andare a svegliare l'omino del camping per farmi alzare la sbarra.


Sono state dieci ore veramente infuocate quelle che ho impiegato per raggiungere l'officina di autoriparazioni di Aziz, a Zagora.
Non ho dato retta a una delle regole più importanti per un viaggiatore solitario, ossia quella di stare il più possibile lontano dai guai, tanto prima o dopo quelli arrivano senza che li cerchi (quanto si sarebbe poi rivelato vero questo fatto) e salendo per le gole del Todra mi faccio prendere dal desiderio di raggiungere le gole del Dades passando dal valico sull'alta catena montuosa che le divide, a oltre 2800 metri di quota. Per maggiore sicurezza però chiedo informazioni a un ragazzo che bighellonava li e quello si offre di accompagnarmi perché la pista non è facile da seguire. Comincia tutto con una pista molto semplice, una carraia ghiaiosa senza pendenze rilevanti per una decina di km, poi la questione cambia, devo seguire una traccia che scala il versante est del monte, ripida e pietrosa, costituita per lo più da grossi gradoni rocciosi. Tutto cio' sarebbe piuttosto difficile con la moto scarica e senza il pensiero di essere fuori dal mondo in caso di guasti o cadute, così, complice una piccola caduta senza conseguenze, desisto e ritorno indietro. E' stata una pessima idea della quale farò tesoro per il futuro, qui tutto sommato ho perso solamente qualche ora ma non ho danneggiato nulla e il viaggio può proseguire.

Arrivo a Zagora sul fare della sera, provato dal forte caldo che spesso supera i 45 gradi e dall'aria secca che irrita ogni cosa, le labbra, gli occhi, devo concentrarmi sempre per respirare a bocca chiusa, altrimenti in pochi istanti mi secca anche in bocca provocandomi un forte senso di sete. Alle porte dell'officina capeggia un adesivo di Bambini nel Deserto impossibile da non vedere, l'accoglienza è molto piacevole, come al solito a base di thè. Due chiacchiere, scarico la moto e si va a cena a casa di Aziz, il proprietario. Finalmente a mitigare il clima torrido arriva la sera e con una leggera brezza a tenermi compagnia, una abbondante cena nello stomaco a base di "non potrò mai sapere cosa" vado a dormire, all'aperto, sulla terrazza insieme agli inservienti dell'albergo.

Come al solito sono in viaggio prima del sorgere del sole, sono le cinque e una leggera frescura mi accompagna in questa prima parte di viaggio. Voglio arrivare ad Agadir e li cercarmi un posticino dove passare la serata al fresco dell'oceano, ma è talmente forte l'emozione che quando ci arrivo non ce la faccio a fermarmi e proseguo verso sud. Ho ormai superato il caldo torrido dell'interno del paese, qui ora è un vento fresco, carico di salsedine e umidità che mi spinge con vigore sulla transahariana verso il Sahara occidentale. In testa ormai ho il camping di Paul Italiano, in riva all'oceano in uno di quei punti dove la spiaggia prende il posto delle alte scogliere. Ma prima di arrivarci mi aspetta ancora una prova da superare, la strada abbandona nuovamente il litorale per scavalcare una bassa catena montuosa. La temperatura supera abbondantemente i 50 gradi, devo procedere con più calma perché il calore dell'aria addosso è intollerabile e il vento ora proviene dall'interno, scagliandomi in faccia gli invisibili granelli di sabbia che porta con se.
Si supera anche questo, non appena mi riavvicino al mare tutto torna molto più gradevole, rimane la sabbia a pizzicarmi il volto ma la temperatura è di nuovo piacevole, a tratti addirittura mi pare fresca e arrivare a Sidi Akfennir, l'inizio della zona no tax ex colonia spagnola del western Sahara è quasi una passeggiata. Questa sarà una piacevole notte infagottato nel sacco a pelo..
Apro la tenda nel tardo pomeriggio, appena finito di sistemarmi vado verso l'oceano, la luce appena sufficiente per vedere dove metto i piedi, imbocco il sentiero che attraversa il caravanserraglio, scendo per una bassa scogliera giù fino a lui: l'oceano immenso, stupendo, che abbraccia gli scogli, si rotola sulla spiaggia, gioca con vecchi tronchi d'albero prendendoli con se per poi ributtarli sulla riva. Da miliardi di anni è così, a cancellare in un attimo la traccia che qualcuno o qualcosa lascia sulla rena, le mie orme, quelle di un granchi o piccolissimo appena uscito dalla tana, le impronte dei pezzi di legno. Godo dell'antichità' del mondo, sono solo e mi sento travolgere, commuovere dalla grandiosità della natura. Di fronte a me l'Oceano Atlantico, alle mie spalle il deserto del Sahara.

 
Parte 1
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